«Le nostre imprese si piegano da anni alle regole imposte dalla Cassa Edile. Regole che, se per tutto questo tempo sono risultate decisamente discutibili, adesso a fronte della maxi inchiesta della Procura sui Durc pilotati suonano definitivamente inaccettabili». Il presidente della Compagnia delle Opere Sicilia Salvatore Contrafatto, insieme ai responsabili del Driver Edilizia Emilio Risicato e Antonio Romeo, raccogliendo le istanze di tutti i propri soci intervengono duramente sui fatti di cronaca degli ultimi giorni e rilanciano «chiedendo subito un incontro al Presidente della Cassa Edile affinché dia subito un segnale di flessibilità e rispetto nei confronti delle aziende. Altrimenti – preannunciano – saremo pronti a rivendicare la restituzione di queste somme direttamente nelle tasche dei lavoratori».
La questione del rapporto tra la Cassa Edile e le imprese del territorio, com’è noto, affonda le sue radici lontano nel tempo: «Da imprenditori – dicono Risicato e Romeo – sappiamo bene che lotte sindacali e rivendicazioni socio-culturali ci hanno permesso di beneficiare dei preziosi servizi di alcuni Enti pubblici, come Inps e Inail che, seppur rappresentando un costo per le imprese, hanno una rispettosa e condivisibile ricaduta sui lavoratori. Eppure qualche dubbio sorge nei confronti dell’efficacia e delle finalità della Cassa Edile: un Ente privato paritetico, gestito da quelle stesse organizzazioni sindacali che hanno il compito di difendere i diritti dei lavoratori. Per l’esistenza e le attività di tale imposto Istituto, le imprese edili sono costrette a destinare, ogni mese e per ogni singolo lavoratore, una parte non indifferente della propria contribuzione, in base a quanto previsto dalla Contrattazione collettiva di riferimento. Un importo corrispondente a circa il 10% della retribuzione.
In vero all’origine della sua istituzione, la Cassa Edile finanziava l’Ente Scuola Edile per formare un “vivaio” di giovani muratori, carpentieri, stuccatori e maestranze di comprovato know how: un percorso di cui erano molto apprezzate sia la finalità stessa sia la ricaduta sul mercato.
«Ma oggi?», si chiedono Risicato e Romeo: «Oggi, e spiace dirlo, l’attività dell’Ente si limita ad organizzare corsi relativi agli adempimenti in materia di sicurezza. Ecco perché pare frutto di un ironico paradosso – comunque non accettabile – che la Cassa edile di Catania sia denominata Cassa Edile “A.M.I.Ca.”, proprio perché amica delle imprese, la Cassa catanese, non si può definire, considerando che per qualche spicciolo non versato non rilascia il D.U.R.C. regolare, provocando così ingenti danni alle imprese edili, già fortemente penalizzate da un settore di mercato che più degli altri stenta a ripartire. Non solo: le imprese che si rivolgono all’Ente catanese pare riscontrino non poche difficoltà nell’ottenere rateizzazioni per la regolarizzazione del dovuto».
Anche per questo, alla luce dell’inchiesta che coinvolge la Cassa Edile “A.M.I.Ca.” sono comprensibili la rabbia e lo sdegno di molti imprenditori edili: «Vogliamo confrontarci direttamente col presidente della Cassa Edile – dichiara il presidente di CdO Sicilia, Salvatore Contrafatto – con lo scopo di ottenere misure in grado di dimostrare maggiore flessibilità nei confronti di tutte le aziende. Perché, ci si chiede, le aziende, laddove necessario, riescono a ottenere senza problemi piani di rateazione sostenibili per i versamenti Inps e Inail da tutti tranne che dalla Cassa Edile? Bloccando continuamente l’azione delle sue stesse imprese, l’Ente sta creando problematiche ingenti e farraginose situazioni. Costringendo gli imprenditori in una condizione di stallo, impotenza e mortificazione, che risulta ancor più insopportabile alla luce dei recenti fatti di cronaca».
«Nell’assistere con serenità all’iter giudiziario – concludono i responsabili del Driver Edilizia di Cdo, Emilio Risicato e Antonio Romeo – ci auguriamo soprattutto che le indagini possano far luce sulle attività dell’Ente catanese, in modo che si possano generare atteggiamenti positivi verso imprese e vengano quantomeno ripristinate le finalità e le ricadute sui giovani e i disoccupati. Altrimenti davvero saremo costretti a dire che basterebbe versare direttamente al lavoratore la quota a lui spettante senza aggravare le imprese della quota in favore dell’Ente, visto che non si ha più neanche un riscontro sociale».