LA ZONA ECONOMICA SPECIALE DELLA SICILIA ORIENTALE: SFIDE E OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE DEL TERRITORIO
Oggi nel mondo esistono oltre 4.300 Zone Economiche Speciali (ZES), istituite da oltre 130 Paesi, specialmente da quelli in via di sviluppo; le imprese insediate in queste zone danno direttamente lavoro ad almeno 40 milioni di persone e le loro esportazioni valgono circa 200 miliardi di dollari.
La prima ZES della storia è stata istituita nel 1959 a Shannon, in Irlanda, e, dato il successo ottenuto, l’operazione del governo irlandese è stata replicata in tutto il mondo.
Il classico caso studio è quello della prima ZES cinese, inaugurata in un piccolo villaggio di pescatori a sud della Cina nel 1980. Oggi quel piccolo villaggio di pescatori è Shenzhen, una metropoli che conta oltre 12 milioni di abitanti ed un PIL da far invidia a molti Stati sviluppati.
L’Italia, con il “Decreto Mezzogiorno” (DL 917/2017), è la prima grande economia Europea a creare delle ZES, ma nonostante ciò sembra in colpevole ritardo: oltre all’Irlanda, anche il Portogallo negli anni ’80 ha creato delle ZES come la Madeira Free Trade Zone e soprattutto la Polonia dagli anni ’90 ha creato ben 14 ZES capaci nel 2017 di attirare investimenti per 5 miliardi di euro e di creare 16.000 nuovi posti di lavoro.
Ad oggi sono attive nel territorio italiano quattro ZES: una in Calabria, una in Campania, una nell’area Ionica tra Puglia e Basilicata ed una in quella Adriatica tra Puglia e Molise. Possono usufruire di quest’istituto solo le regioni “meno sviluppate” (così definite dal decreto) con un PIL pro capite inferiore al 75% della media europea (Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania) e le “regioni in transizione”, cioè con un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media europea (Sardegna, Abruzzo e Molise).
Volendo dar loro una definizione, le Zone Economiche Speciali sono uno strumento, ampiamente sperimentato a livello internazionale, che prevede l’istituzione di particolari benefici per le imprese insediate o che si insedieranno in un determinato territorio. Sono aree speciali designate all’interno di un Paese in cui vengono eliminate le normali barriere commerciali come le quote, le tariffe e alleggerite le necessità burocratiche, al fine di attirare nuovi investimenti nazionali e internazionali.
Le ZES solitamente sono poste in luoghi geograficamente strategici per il commercio, dove sorgono aeroporti internazionali, porti e simili sono preferiti per lo sviluppo di zone di libero scambio. La nostra regione rientra in pieno in questo caso, in quanto è storicamente un crocevia per i commerci marittimi nel Mediterraneo.
Infatti, è stata accolta con grande entusiasmo dalle istituzioni politiche, dal mondo imprenditoriale e dai sindacati la firma avvenuta il 15 giugno 2020 da parte del Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Giuseppe Provenzano, che avvia definitivamente l’istituzione di due Zone Economiche Speciali in Sicilia, una per la parte Orientale e l’altra per la parte Occidentale dell’isola.
Per la ZES in Sicilia Orientale, che è grande quasi il doppio di quella Occidentale, sono state inserite, con particolare interesse alle città provviste di porti, le seguenti aree: Acireale, Augusta, Avola, Belpasso, Caltagirone, Carlentini, Catania (zona del porto e del retroporto, in cui rientra anche la zona industriale), l’aeroporto di Comiso, Dittaino, Floridia, Francofonte, Gela, Melilli, Messina, Milazzo, Militello Val di Catania, Mineo, Niscemi, Pachino, Palazzolo Acreide, Paternò, il porto e il retro-porto di Pozzallo, Priolo Gargallo, Ragusa, Rosolini, Scordia, Siracusa con la zona industriale, quella di Santa Teresa e della strada statale 124, Solarino, Tremestieri, Troina, Villafranca Tirrena, Vittoria e Vizzini.
L’operazione ha l’obiettivo primario di attrarre investimenti diretti esteri che permettano al territorio di crescere e svilupparsi: ciò farebbe da volano per l’economia dell’isola.
L’attrazione di investimenti esteri porterebbe ad una riduzione del tasso di disoccupazione nel nostro territorio, in un momento in cui la spesa delle famiglie si è notevolmente ridotta a seguito del lockdown, ma anche alla creazione di virtuosismi tra le imprese già presenti in loco e le possibili imprese di nuova istituzione.
Il tessuto imprenditoriale dell’isola, infatti, dovrà mostrarsi pronto a cooperare per cogliere al massimo le occasioni offerte dalla creazione delle ZES. Queste, infatti, oltre che da strumento per l’attrazione di investimenti esteri fungono da veicolo per favorire l’internazionalizzazione delle imprese già presenti nell’area che dovranno strutturarsi per cogliere le opportunità che il mondo globalizzato ci offre.
I benefici per le imprese, esistenti o di nuova istituzione, saranno sia fiscali che amministrativo-doganali.
In merito ai primi, non vengono introdotti strumenti radicalmente nuovi di incentivazione fiscale ma vengono sfruttati al massimo quelli già esistenti, potenziando il credito d’imposta e razionalizzando l’accesso alle diverse misure europee, nazionali e regionali in vigore (con l’unico vincolo di non superare il tetto massimo previsto dalla normativa europea in materia di aiuti di stato), in modo che le imprese non abbiano bisogno di imparare a padroneggiare nuove procedure per poter accedere ai benefici garantiti dalle ZES ed evitando inutili oneri burocratici.
Il “Decreto Mezzogiorno” ha previsto che gli investimenti strumentali fino a 50 milioni di euro, effettuati all’interno delle ZES, possano godere di un credito d’imposta, proporzionale al costo dei beni acquistati.
Tale proporzione si diversifica in base alla dimensione dell’impresa: in Sicilia, come in tutte le regioni poco sviluppate, il credito d’imposta è attribuito nella misura massima delle spese ritenute ammissibili equivalente al 45% per le piccole imprese, del 35% per le medie imprese e del 25% per le grandi imprese.
Il Credito d’imposta è uno strumento di finanza agevolata virtuoso: il vantaggio fiscale che ne deriva genera una leva finanziaria tale da intercettare investimenti e, di conseguenza, stimolare la creazione di posti di lavoro. È fondamentale, però, che il credito d’imposta nelle ZES non segua la fiscalità dell’attuale “credito d’imposta nel Mezzogiorno”, ovvero la conseguente tassazione dello stesso. Il credito d’imposta non appartiene ai ricavi, di conseguenza non dovrebbe essere tassato.
Sono previste, inoltre, una serie di agevolazioni ed esenzioni da tributi regionali, ad esempio la regione Campania concede un contributo alle imprese che realizzano un insediamento produttivo sul territorio campano pari fino al 100% dell’IRAP versata.
Con riferimento alle semplificazioni di carattere amministrativo-doganale, sia imprese già presenti nella ZES e che le imprese di nuova istituzione godranno della riduzione dei tempi dei procedimenti amministrativi e della possibilità di istituire zone franche nelle ZES, attraverso un’opportuna richiesta e approvazione dell’ente competente.
Dopo aver ricordato alcune storie di ZES di successo, come quelle cinesi e polacche, e tenendo in mente il fallimento della politica industriale degli anni ’80, con la creazione dell’Etna Valley, non ci resta che concludere con un cauto ottimismo: le ZES da sole non fanno miracoli, ma se accompagnate da fermento imprenditoriale, da lavoratori specializzati, da investimenti infrastrutturali e soprattutto da un clima fiscale ed istituzionale favorevole possono far crescere l’intero territorio. Non è chiaro se questo nuovo approccio funzionerà anche in Sicilia.
La creazione di tali zone, infatti, dovrebbe esser accompagnata da una serie di investimenti mirati per favorire il commercio da e per il territorio: buone infrastrutture (stradali, portuali e aeroportuali) saranno fondamentali per l’attrazione di investimenti esteri.
La Sicilia, da un punto di vista infrastrutturale, è la stessa di trent’anni fa. Strade, autostrade e vie di comunicazione vanno implementate; i ponti sono logori nella propria struttura per assenza di manutenzione. Basti pensare al crollo del ponte sull’autostrada Catania-Palermo di cinque anni fa, o allo stato da “cantiere perenne” della nostra rete autostradale.
Vi è la necessità di un atteggiamento positivo ed un approccio manageriale da parte di un’amministrazione pubblica che, ad oggi, in tutti i suoi livelli, si è mostrata incapace di far fronte alle necessità delle imprese che creano valore sul territorio e generano occupazione.
Personalmente, dato l’operato svolto dall’amministrazione pubblica nel nostro territorio negli ultimi trent’anni, ritengo con estrema amarezza che l’avvio di una vera e propria ZES in Sicilia resti esclusivamente un sogno. Spero di sbagliarmi e di venir smentito.
Fabio Impellizzeri
Amministratore unico INALME SRL
Socio Cdo Sicilia