Da giuslavorista lo dico con un certo rammarico, ma con convinzione: non è con le leggi che si crea lavoro. Al più, si possono correggere distorsioni, accompagnare processi, selezionare priorità.

Il lavoro si crea grazie allo sviluppo, agli investimenti pubblici e privati, sostenendo le imprese, rigenerando la pubblica amministrazione, investendo nei servizi pubblici (ed in particolare, nella sanità, nella istruzione e nella ricerca).

L’idea di una riduzione del cd. Cuneo fiscale, contenuta nel manifesto della CDO Sicilia – “Per trasformare la crisi in opportunità” è certamente condivisibile, forse andrebbe considerato che, come scrisse Don Milani: “non c’è nulla che sia più ingiusto, quanto far parti uguali fra i diseguali”.

Il mercato del lavoro italiano con le sue tante differenze, tra nord e sud, tra uomini e donne, tra giovani e meno giovani, dovrebbe suggerire interventi calibrati che tengano conto di queste differenze, perché si avvii un percorso virtuoso di riduzione delle distanze (in passato, si è giungi al paradosso di dirottare verso il Nord risorse che avremmo dovuto utilizzare per la coesione territoriale, non dovrà più accadere).

La pandemia ha indotto il legislatore nazionale ad adottare provvedimenti significativi e a stanziare risorse, sino a qualche mese fa impensabili.

I quattro decreti varati in questi mesi (Cura Italia, Liquidità, Rilancio e Semplificazioni) hanno stanziato complessivamente 75 miliardi di euro (180 miliardi in termini di saldo netto da finanziare). Una cifra enorme, pari a 5 volte l’ultima legge di bilancio.

Le scelte dell’Europa inoltre, rappresentano una grande opportunità per l’Italia.  La sospensione del patto di stabilità, l’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato e il programma di acquisto di titoli di Stato della BCE hanno reso possibili i massicci interventi anti crisi, messi in campo dai paesi dell’Unione.  I programmi varati dall’Unione europea (SURE, la linea di credito speciale MES, i prestiti speciali della BEI e il piano Next Generation EU), valgono per l’Italia oltre 200 miliardi tra prestiti e contributi a fondo perduto. Per utilizzare al meglio queste risorse, è necessario avere le idee chiare: una visione condivisa, obiettivi e progetti definiti, la capacità di mobilitare tutte le risorse disponibili.  Serve un vero e proprio Piano per la ripresa che assuma il Mezzogiorno come priorità per l’intera nazione.

Come ha segnalato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 31 dicembre 2019: “…è necessario ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d’Italia.A subirne le conseguenze non sono soltanto le comunità meridionali ma l’intero Paese, frenato nelle sue potenzialità di sviluppo…”.

Il Piano sud 2030 – Sviluppo e Coesione per l’Italia elaborato dal Ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano e condiviso dall’intero Governo, è certamente un documento che contiene tante  indicazioni per colmare i divari, dalla sanità alle infrastrutture, dalla scuola al lavoro, di cui suggerisco un’approfondita lettura (http://www.ministroperilsud.gov.it/media/1997/pianosud2030_documento.pdf).

Con questo Piano si progetta un Sud rivolto ai giovani, connesso ed inclusivo, green, frontiera dell’innovazione e aperto al mondo a partire dal Mediterraneo.

Per perseguire questi obiettivi si declinano misure concrete e realistiche, ancor più realistiche oggi grazie alle risorse stanziate dall’Europa per superare l’emergenza economica, conseguente all’epidemia da Covid-19.

Tra le misure per l’occupazione proposte, per limitarsi a qualche esempio, c’è lo sgravio contributivo al 100%, di durata triennale, applicabile nelle otto regioni del Mezzogiorno a tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato delle donne e alle trasformazioni dei loro contratti da tempo determinato a indeterminato.

A questa misura a sostegno del lavoro femminile meridionale, si è aggiunta, proprio in questi giorni, la proposta di una riduzione del 30% dei contributi a carico delle imprese per incentivare l’assunzione dei giovani meridionali.

Dopo anni di disinteresse e di antimeridionalismo imperante qualcosa è cambiato, ma saremo in grado di cogliere le opportunità, di tradurre i progetti in cambiamento effettivo, il rischio dell’ennesima illusione è concreto, meglio saperlo.

Penso d’altra parte, che dipenda da noi meridionali far sì che alle idee seguano i fatti, per riuscirci dovremmo maturare quello spirito di rivalsa collettivo che permette ad una comunità di persone di battersi per realizzare legalità, sviluppo sostenibile, innovazione, un mercato del lavoro equo e aperto.

In questo guardo il ruolo dei corpi intermedi, e tra questi, di realtà come la Compagnia delle Opere, sarà fondamentale.

Essi dovranno essere le sentinelle dell’interesse pubblico e effettuare il controllo sociale su chi governa, controllo sociale unico vero antidoto alla rassegnazione, sentimento triste, di cui liberarsi una volta per tutte.

 

Avv. Giuseppe Berretta
Studio Avvocati Associati
Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Kore di Enna.
Socio Cdo Sicilia